Le saline di Siracusa
di Saverio Cacopardi
Un po' di storia
Le Saline di Siracusa vennero realizzate nel 1610 per volontà del barone Giuseppe Bonanni: da allora hanno prodotto sale marino fino ai primi anni ottanta del Novecento. I Di Falco e i Bussichella ne sono stati gli ultimi proprietari.
A testimonianza dell'attività praticata fino a un recente passato, sono ancora oggi ben visibili, soprattutto nei periodi di secca, il reticolo di argini in pietra o in terra e i canali con i resti delle vecchie chiuse in legno che mettevano in comunicazione fra loro i diversi ambienti e consentivano la distribuzione dell'acqua marina nei vari settori della salina fino alle cosiddette casedde, ossia le vasche quadrate più vicine al mare. Qui il sale veniva raccolto e conservato in cumuli protetti da tegole o nell'ampio magazzino ubicato a pochi metri dal Faro Calderini.
Le attività di manutenzione annuale degli invasi e di raccolta connesse alla produzione salina erano estremamente faticose e impegnative: occorreva, quindi, una manodopera specializzata, reperibile solo ad Augusta, dove, osserva la studiosa Annalena Lippi Guidi, le molte saline esistenti avevano col tempo formato una sorta di scuola professionale.
Gli operai impiegati tutto l'anno venivano chiamati annalori, mentre gli staciuneri erano i braccianti reclutati al momento della raccolta e dell'accumulo del sale in mucchi piramidali (noti come ariuni o montoni). Rompere la crosta del sale e contemporaneamente creare i canali con una pala dai bordi ricurvi, come pure raccogliere il sale senza sporcarlo col fango del fondo, erano interventi che richiedevano una notevole perizia ed esperienza.
Agli operai esperti si affiancavano i figlioli, apprendisti d'età compresa fra i dodici e i quattordici anni che svolgevano mansioni minori, come ad esempio portare refrigerio ai salinari sferzati dal sole versando sulle loro spalle acqua mantenuta fresca in particolari secchi di legno dogati, detti buglioli.
Al vertice della squadra vi era il maestro della salina, cioè la persona di fiducia del gabelloto, cui spettava la pianificazione dell'intero ciclo produttivo, la sorveglianza delle pulizie, il controllo dei pesi e delle misure all'atto delle vendite e la programmazione dei lavori straordinari. Era suo compito, altresì, selezionare gli operai e stabilirne il numero, la mansione, il salario. L'ultimo maestro delle saline di Siracusa fu Corrado De Luca.
Altro ruolo di rilievo, benché saltuario, era quello del mulinaro, addetto a sistemare le pale di legno e le vele in base alla direzione e alla forza dei venti.
L'anno salinaro aveva inizio il primo di aprile e terminava il 31 maggio dell'anno seguente. Le diverse fasi produttive erano regolate dal calendario religioso. Per San Giuseppe venivano riempiti i pantani, poi svuotati e puliti entro la fine di maggio. Per San Domenico si regolava l'afflusso delle acque marine mediante i passetti, ora abbassati ora aperti. Per la Madonna del Carmine veniva effettuata la prima raccolta e a metà settembre la seconda. Una terza raccolta poteva essere eseguita in caso di prolungamento del clima estivo.
Più che dal regime termometrico, la buona riuscita della campagna salinifera era influenzata dai regimi pluviometrico e anemometrico. In particolare, ai fini di un buon rendimento, erano determinanti le precipitazioni di aprile-maggio e settembre-ottobre. Affinché in estate si instaurassero condizioni ambientali favorevoli alla produzione, a maggio il livello dell'acqua piovana doveva essere di 15-16 mm. L'andamento delle precipitazioni autunnali, poi, condizionava l'ultima raccolta, che non aveva luogo in caso di piogge intense.
I venti più propizi erano quelli caldi e secchi del terzo quadrante poiché facilitavano l'evaporazione.
Lo scirocco poteva risultare dannoso quando trasportava polveri finissime in grado di alterare la purezza e il candore del sale.
Bibliografia
- LIPPI GUIDI A., 2004 - Iancu è 'u sale... per una storia delle saline di Priolo. Priolo Gargallo.