Beta vulgaris L. ssp. maritima (L.) Arcang.
Nome comune: Bietola
Famiglia: Chenopodiaceae
Sinonimi: Barbabietola, Bieta.
Adrano: Gira
Belpasso: Secala
Biancavilla: Geri
Bronte: Giri
Castiglione di Sicilia: Secala
Linguaglossa: Secala, Seghila
Maletto: Giri
Milo: Secala sarbaggia
Nicolosi: Secala
Pedara: Secala
Ragalna: Gira
Randazzo: Gira
San Giovanni la Punta: Secala sarbaggia
Santa Venerina: Secala sarbaggia
Zafferana Etnea: Secala
Etimologia: Il primo termine del binomio è il nome con cui nell`antica civiltà latina si designava sia la pianta spontanea che l`ortaggio da essa selezionato, fin d`allora conosciuto. Il secondo termine allude all`ampia diffusione della specie, mentre l’attributo sottospecifico si riferisce alla distribuzione prevalentemente litoranea.
Descrizione: Pianta erbacea perenne con radice non ingrossata, provvista di un cespo fogliare quasi appressato al suolo, costituito da foglie spatolate, carnosette, lungamente picciolate e dotate di una lamina di colore verde intenso e lucente. I piccioli si presentano sovente colorati in rosso alla base per la presenza di betacianina. Dal cespo basale, al sopraggiungere dell`estate, si origina un fusto eretto, ramoso, che porta un’infiorescenza con glomeruli di 1-3(5) fiori piccoli e verdastri. Anche il fusto può presentare colorazione rossastra.
Ambiente: Si rinviene più frequentemente lungo i litorali, più raramente all'interno su argille.
Parte utilizzata: Le cime dei nuovi getti e le foglie tenere. Il prelievo di queste parti va fatto in primavera, periodo in cui la pianta non viene danneggiata perché è pronta a rimettere i germogli. Se invece, è fiorito, l`erbaggio non è più buono da mangiare.
Uso: Le cime e le foglie si utilizzano in vari modi, lesse e poi saltate in padella oppure come ripieno nelle focacce (scacciate). Più comunemente si usano come importante ingrediente delle minestre di fave e di legumi in genere.
Commercio: Le cime, durante la buona stagione, si trovano frequentemente sui carrettini degli ambulanti e in qualche negozio di frutta e verdura. Si vendono sfuse o in mazzetti.
Diffusione: L`uso alimentare della Bietola selvatica è conosciuto in Italia e in Europa; tuttavia, attualmente se ne fa largo consumo solo in Italia meridionale e nelle isole.
Notizie: - Erbaggio etneo Questo erbaggio è comunissimo su terreno sedimentario (ad es. a Paternò, in particolare negli agrumeti, e nella zona di Randazzo), mentre è raro su terreno vulcanico (Adrano e Milo), dove, invece, si rinvengono frequentemente popolamenti di Bietola orticola sfuggiti alle colture ed inselvatichiti. - La bietola coltivata Oggi sono note diverse varietà di bietola coltivata derivate da Beta vulgaris. Esse sono: la “Bietola da erbucce” della quale sono eduli le foglie basali, sottili e morbide; la “Bietola da coste” che produce foglie basali dotate di robuste costolature carnose; la “Barbabietola rossa” di cui si consumano le radici e il colletto che sono ingrossati e di colore rosso; la “Bietola da foraggio” che ha anch’essa una grossa radice, ma di colore bianco, impiegata come alimento per il bestiame ed infine la “Barbabietola da zucchero” adibita all`estrazione industriale del saccarosio (PESCE, 1982; LANGER & HILL, 1988; BALDONI e GIARDINI, 1981; DE VINCENZO, 1987). La domesticazione di queste varietà della Bietola è antichissima. Già nella antica Grecia erano note la Bietola da erbucce, la Bietola da coste e la Bietola rossa (BIANCHINI et al., 1973). Tale pratica agricola fu migliorata presso i Romani; si hanno notizie che Marziale e Apicio discutevano sui diversi modi di cucinare la Bieta coltivata. Nel Medioevo si ottenne la varietà da foraggio. Infine, in Germania, nel secolo XVIII, dopo la scoperta (1747) del saccarosio nelle radici di Beta vulgaris - Erbaggio etneo Questo erbaggio è comunissimo su terreno sedimentario (ad es. a Paternò, in particolare negli agrumeti, e nella zona di Randazzo), mentre è raro su terreno vulcanico (Adrano e Milo), dove, invece, si rinvengono frequentemente popolamenti di Bietola orticola sfuggiti alle colture ed inselvatichiti. - La bietola coltivata Oggi sono note diverse varietà di bietola coltivata derivate da Beta vulgaris. Esse sono: la “Bietola da erbucce” della quale sono eduli le foglie basali, sottili e morbide; la “Bietola da coste” che produce foglie basali dotate di robuste costolature carnose; la “Barbabietola rossa” di cui si consumano le radici e il colletto che sono ingrossati e di colore rosso; la “Bietola da foraggio” che ha anch’essa una grossa radice, ma di colore bianco, impiegata come alimento per il bestiame ed infine la “Barbabietola da zucchero” adibita all`estrazione industriale del saccarosio (PESCE, 1982; LANGER & HILL, 1988; BALDONI e GIARDINI, 1981; DE VINCENZO, 1987). La domesticazione di queste varietà della Bietola è antichissima. Già nella antica Grecia erano note la Bietola da erbucce, la Bietola da coste e la Bietola rossa (BIANCHINI et al., 1973). Tale pratica agricola fu migliorata presso i Romani; si hanno notizie che Marziale e Apicio discutevano sui diversi modi di cucinare la Bieta coltivata. Nel Medioevo si ottenne la varietà da foraggio. Infine, in Germania, nel secolo XVIII, dopo la scoperta (1747) del saccarosio nelle radici di Beta vulgaris da parte del chimico Maigraff, fu selezionata la Bietola da zucchero. Successivamente, questa venne migliorata in Francia quando, in seguito ad un blocco navale britannico, venne meno l’approvvigionamento asiatico dello zucchero di canna (BALDONI e GIARDINI, 1981). - Sul nome secala Il nome secala, e l`affine seghila, dato alla pianta in alcune località del territorio etneo, può indurre confusione con quello volgare e latino di un’altra pianta, la Segale (Secale cereale L.), un cereale dal quale si ricava una farina scura usata per il pane nero (pani di irmanu). In effetti, il nome dialettale secala ha altre origini, sembra derivi dallo spagnolo antico aselgas (oggi acelga) con il quale si indicava proprio la Bietola (TRAINA, 1868).
Ricette: Lessi Minestre