Salvatore Arcidiacono e Pietro Pavone

Piante spontanee di interesse alimentare nella regione etnea

Bellavedova

Hermodactylus tuberosus (L.) Salisb.

Nome comune: Bellavedova

Famiglia: Iridaceae

Sinonimi: Bocca di lupo, Iride vellutata.

Adrano: Specie ritenuta non commestibile nel territorio

Belpasso: Specie ritenuta non commestibile nel territorio

Biancavilla: non rilevato

Bronte: Specie ritenuta non commestibile nel territorio

Castiglione di Sicilia: Buttuni di jaddu

Linguaglossa: Sucameli, Buttuni di jaddu

Maletto: Specie ritenuta non commestibile nel territorio

Milo: Cricch`ê addu

Nicolosi: Specie ritenuta non commestibile nel territorio

Pedara: Specie ritenuta non commestibile nel territorio

Ragalna: Specie ritenuta non commestibile nel territorio

Randazzo: Castagnotto

San Giovanni la Punta: Specie ritenuta non commestibile nel territorio

Santa Venerina: Specie non rinvenuta nel territorio

Zafferana Etnea: Pizzicaladdi


Etimologia: Il primo termine del binomio deriva dal greco Hermes = Mercurio e dactylos = dito, ovvero dito di Mercurio in riferimento ai tubercoli digitati del rizoma; esso nell’antica Grecia indicava la porzione sotterranea di una pianta medicinale non identificata. Il secondo termine è riferito al rizoma tuberizzato.

Descrizione: Pianta erbacea perenne con rizoma sottile provvisto di 2-4 tubercoli di aspetto digitato, dal quale, sul finire dell`inverno, si sviluppano alcune foglie lineari lunghe 3-6 dm. In primavera, fra le foglie emerge il fusto, alto non più di 30 cm, che produce un unico fiore, piuttosto caratteristico, avvolto parzialmente da una spata, e simile a quello del Giaggiolo, ma con tepali esterni di colore nero-purpureo e tepali interni verde-giallastro. Il frutto è una capsula obovata senza setti.

Ambiente: La Bellavedova si rinviene nelle boscaglie e nelle garighe dell`Italia centro-meridionale (esclusa la Sardegna), dal livello del mare fino a ca. 1500 m di quota.

Parte utilizzata: Si consuma, fondamentalmente, il rizoma tuberizzato, ricco di amido e chiamato patatella a Randazzo, buttuni a Linguaglossa e Castiglione, ovu a Milo e patacchedda a Ragalna. Per la sua estrazione dal terreno è indispensabile una zappetta. Si utilizza, inoltre, meno comunemente il peduncolo fiorale.

Uso: I rizomi della Bellavedova si consumano arrostiti alla brace oppure bolliti in acqua e sale dopo aver tolto la pellicina esterna. Nel territorio in esame l`uso alimentare dei rizomi della Bellavedova è limitato solo ad alcune aree ben localizzate, quali Linguaglossa, Castiglione e Randazzo. In molte altre località, la pianta, pur presente e nota, non trova alcun impiego alimentare. Il peduncolo fiorale non ha un vero e proprio impiego gastronomico, ma si assapora masticandolo crudo per il suo succo di sapore dolce; per questo motivo, nelle campagne di Linguaglossa, la pianta è chiamata Sucamele.

Commercio: Nessun riscontro né notizie in merito.

Diffusione: In tutte le pubblicazioni di fitoalimurgia consultate la Bellavedova non è citata come pianta alimentare, ad esclusione di un lavoro di BRANCA (1991) nel quale, però, si accenna all’utilizzo della porzione fiorale.

Notizie: - La Bellavedova e l`Istrice. I rizomi della Bellavedova, altamente ricchi di sostanze nutritive, costituiscono uno degli alimenti preferiti dall`Istrice (Histrix cristata L.). Questo robusto roditore li dissotterra scavando con le sue robuste unghie buche che lasciano inconfondibile traccia della presenza dell`animale nel territorio.

Ricette: Lessi Arrosti